Epifanie

Racconti minimi di vita e di morte in contrade umili come lo sono le baraccopoli alla periferia di Buenos Aires dove sono ambientate le pagine del libro. «Un libro che assomiglia molto a un romanzo» scrive Lucio Brunelli nell’introduzione. «In alcune pagine sembra di leggere una Spoon River latino-americana, galleria di personaggi vagamente surreali come la venditrice dei biglietti della lotteria alla quale Metalli dedica uno dei suoi ritratti più riusciti; storie di delinquenti finiti male o redenti in extremis dalla Grazia di Dio che si palesa tramite l’umanità accogliente (ma per nulla dolciastra) di padre Pepe e dei suoi amici. Tutti personaggi veri, ovviamente, non frutto di fantasia. Storie, a volte, di vite improbabili, ancor più scombussolate dalla diffusione del virus».

Il titolo Epifanie trae ispirazione letteraria dallo scrittore James Joyce che con questo termine intendeva un’improvvisa rivelazione spirituale, causata da un gesto, un oggetto, una situazione quotidiana, che sembrano apparentemente banali, “ma che svelano qualcosa di più profondo, di più significativo e inaspettato”.

 

«La rivelazione per Metalli è la solidarietà sbocciata all’interno della villa, come risposta alla violenza mortifera della “peste”. A mobilitarsi sono persone – uomini e donne – che vivono nella baraccapoli, non anime generose che vanno e vengono dai quartieri bene di Buenos Aires. Persone a cui il lockdown ha tolto il lavoro e la malattia ha tolto parenti e amici. Potrebbero starsene al sicuro, nelle loro abitazioni, invece rischiano tutti i giorni il contagio spostandosi all’alba verso la parrocchia di padre Pepe; un gruppo a sbucciare patate e preparare le verdure, un altro gruppo a cucinare, un altro gruppo ancora a lavare i pentoloni e sanificare i locali. E poi i volontari addetti alla distribuzione, all’aperto, in sei punti diversi della villa… “La solidarietà – scrive Metalli – soprattutto quando abbraccia una popolazione vasta ed è prolungata nel tempo, non è qualcosa di automatico e neppure si improvvisa da un giorno all’altro. Non bastano gli appelli ad essere solidali per moltiplicare le solidarietà, non bastano le esortazioni a condividere con gli altri tempo, energie e risorse (…) Quello che è avvenuto in epoca di pandemia, la grande mobilitazione che si è vista in azione nelle baraccopoli, ha un retroterra di fede – sostenuta, sviluppata e tradotta in opere – che è del singolo ed è del popolo. Un retroterra di devozione popolare. Fatta di invocazione dei santi, di imitazione delle loro virtù. Di confidenza nella Madonna. Di rosari e di giaculatorie”».

 

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